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Intervista ad Alice Sponton

By 09:31



Alice: “Volevo soltanto chiederle che strada devo prendere!”
Stregatto: “Be’ tutto dipende da dove vuoi andare!”


Alice Sponton sa molto bene dove debba andare, adesso. Le ho chiesto di poterle porre qualche domanda perché quando le parlai mesi fa ad un tavolino del centro di Rovigo, quando ancora ci si poteva incontrare, parlare, stringersi le mani e abbracciarsi, mi sembrò di conoscerla da sempre. Pensai che ne aveva di cose da raccontare e che era una di quelle persone che mica si arrendono facilmente. Penso che nella sua storia molte persone si rivedranno e spero, anzi ne sono certa, troveranno la forza per continuare a rincorrere i propri sogni. Sempre, comunque e nonostante tutto. Alice Sponton è una di quelle persone che si sono messe in cammino verso un “qualche dove”, proprio come la protagonista dell’opera di Lewis Carroll: bambina curiosa e intraprendente con infinita voglia di conoscere.


Chi sei, ti va di presentarti?

"Sono Alice. E come nella famosa favola di Lewis Carroll, mi piace, principalmente, meravigliarmi".

Di cosa ti occupi?

"Sono giornalista professionista.
Lavoro per "Il Gazzettino" e mi occupo di cronaca. Per oltre dieci anni ho scritto di rugby, collaborando con alcune riviste di settore e con Opta Sports, la più grande società di elaborazione dati sportivi del mondo con sede a Londra. Nel 2011 Federazione Italiana Rugby e World Rugby hanno scelto il Veneto come sede del Mondiale Under 20 e ho fatto parte del media team. Un'esperienza umana e professionale indimenticabile, con amicizie e insegnamenti che, ancora oggi, porto nel cuore.
Nel 2015, in concomitanza con un grave lutto e un incidente stradale che mi hanno profondamente segnato, ho cambiato pagina, accentando la sfida della comunicazione istituzionale.
Un punto di vista interessante, fisicamente e mentalmente impegnativo che mi ha permesso di capire la strategicità della macchina amministrativa, ma, soprattutto, l'importanza dell'azione politica, che ritengo essere una responsabilità, quotidiana, di ogni cittadino.
Rimasta dopo tanti anni senza lavoro, di punto in bianco, nonostante molte promesse "cadute nel vento", ho fatto tesoro di un lungo periodo di riflessione. Sono tornata al giornalismo e dopo aver frequentato la scuola dell'Ordine, a Fiuggi, a ottobre, qualche mese dopo ho superato l'esame di stato ottenendo l'abilitazione di giornalista professionista".


Cosa hai studiato per arrivare a dove sei ora? Difficoltà ne hai trovate?

"Dico sempre che ho lavorato full time, studiato part time. I due percorsi sono iniziati nello stesso periodo. Alla maturità, quando mi hanno chiesto cosa volessi fare, ho risposto sicura la scuola di giornalismo della Rai, a Perugia. Poi, in seguito a un test attitudinale presso una prestigiosa università, risultavo predisposta alle materie giuridiche. A quell'epoca ho compiuto una scelta razionale e ho optato per giurisprudenza. Nulla da dire sulla preparazione e sul metodo, ma non ci siamo mai amate e le difficoltà sono state di ogni genere.
Non ci credevo più e penso che, anche chi era intorno a me, mi considerasse ormai la classica fuori corso che non avrebbe più raggiunto la meta.
Invece la laurea è arrivata, in un periodo in cui lavoravo 15 ore al giorno e, solo nel week end, scrivevo la tesi sulla diffamazione a mezzo social network, ascoltando Raffaella Carra' e Fabrizio De Andrè per concentrami. Col sennò di poi, ho fatto bene a lavorare e studiare insieme?
Non lo so, ma ho cercato di fare del mio meglio. Di sicuro ho sbagliato a rinunciare all'Erasmus a Parigi, concomitante con una proposta lavorativa che ritenevo importante. Se oggi qualcuno mi chiedesse consigli sulla scelta universitaria direi solo di seguire il cuore. Ogni mercato è saturo, credo la differenza, come in ogni ambito, la facciano le persone, le relazioni, la volontà di spingersi oltre il limite e il saper resistere alle avversità.

Cosa significa per te essere chi sei diventata oggi?

"In primis ho imparato a non identificarmi con un lavoro.
È drammatico e porta a perdere di vista sè stessi. Giorno dopo giorno, sto diventando la donna che voglio essere. Ho deposto l'ascia di guerra rispetto ad alcune fragilità. Fanno parte di me e le tengo strette. Diverso è che qualcuno ne abusi per farmi del male. Per questo ritengo sia fondamentale lavorare su di sè per raggiungere la consapevolezza dei propri mezzi, confrontarsi, allargare le proprie visioni. E gettare il cuore oltre l'ostacolo, assecondando la propria natura, senza porsi limiti, nel rispetto degli altri.
5- C’è qualcuno che ti senti di ringraziare per quello che sei e che (magari) non sei?
La mia famiglia di sangue e di cuore. In particolare mia nonna, che non c'è più, e che è stata la persona che più ha creduto in me. Ai miei preziosissimi insegnanti dall'asilo alle superiori, veri e propri mentori. Anche quello che mi disse "cosa ne sai tu di rugby per scrivere sul giornale?".
Ringrazio anche le esperienze negative che ci sono nella vita di tutti, dalle delusioni ai tradimenti: mi hanno permesso di capire quale direzione prendere e le persone migliori di cui circondarmi.


Come ti vedi tra 10 anni?

"Fedele a me stessa. E Impegnata socialmente, perché se qualcosa non ci piace o vorremo migliorarlo, il primo passo dipende da noi".

Cosa ti auguri per tutte le donne in un futuro prossimo?

"Il 2030 è alle porte e come prevede l'agenda ONU, il gender gap, va azzerato. Penso sia necessario, concretamente, fare la propria parte, in base alle possibilità di ognuno.
Parlo di mutuo aiuto, meritocrazia e supporto tra le donne, maggior spazio all'empowerment femminile, ma anche a modelli familiari che possano equilibrare il tempo che i genitori dedicano ai figli. Non posso non pensare a temi che riguardano la violenza sulle donne dal femminicidio ai reati a mezzo social network, come il recente episodio di revenge porn su Telegram.
Ma la visione va allargata e contestualizzata non solo al mondo occidentale.
Ogni realtà ha connotazioni culturali proprie, ma i diritti fondamentali, ormai, è tempo che vengano acquisti da tutte e permettano alle donne di diventare ciò che vogliono essere.
Serve un impegno costante e collettivo, che coinvolga, innanzitutto l'educazione scolastica per cui le nuove generazioni acquisiscano un mindset diverso e le distinzioni tra uomo donna restino solo un ricordo figlio del passato retaggio culturale. Oggi la parità è una necessità per affrontare, al meglio, le difficili sfide che il mondo è chiamato ad affrontare. Mai come in questi giorni di pandemia globale siamo invitati, ognuno con la propria visione e conoscenza a fare sistema, per il bene futuro. E non ci viene chiesto se siamo uomini o donne, ma ci viene chiesto di essere persone capaci, preparate e all'altezza della situazione. Senza distinzioni".

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