Intervista a Gaia Terzulli
Gaia Terzulli, laureata in Lettere classiche e da sempre appassionata di
giornalismo. Ha, per motivi di studio, vissuto prima a Padova, poi a
Milano e per un anno a Berlino. Ad oggi, frequenta la Scuola di
giornalismo Walter Tobagi a Milano per lavorare al suo più grande sogno:
diventare una scrittrice. Un vero onore averti intervistata e aver
potuto chiacchierare con te delle tue passioni, dei tuoi sogni e dei
tuoi obiettivi futuri.
Gaia, sei laureata in
Lettere classiche e a oggi frequenti la Scuola di giornalismo Walter Tobagi a
Milano. Diventare un’esperta dell’informazione è sempre stato il tuo sogno?
Sì, fin da bambina.
Alle elementari, per raccontare un aneddoto, quando ci chiesero di scrivere su
un bigliettino cosa volevamo fare da grandi, io scrissi che volevo diventare
una scrittrice. Attualmente sono giornalista praticante, ma il mio sogno è
quello di scrivere libri. Il mondo del giornalismo è stato sempre la mia prima
scelta anche se, prima di arrivarci, ho fatto anche altre esperienze. Per due
anni mi sono dedicata all’insegnamento presso una scuola privata di Milano in
attesa di accedere al master in giornalismo. Master che concluderò in autunno e
che mi permetterà di sostenere l’esame di abilitazione alla professione. Il
giornalismo, a mio avviso, è il mestiere che più consente di creare fili
diretti con la società e che permette di porre l’attenzione su tutte le varie realtà
che gravitano attorno a noi, anche su quelle poco conosciute.
Oltre al giornalismo
so che hai una passione per la cultura tedesca. Da dove e quando nasce questo
tuo interesse?
Nasce all’epoca
dell’università, precisamente mentre frequentavo la triennale a Padova. Seguivo
il corso di Grammatica greca e il docente, che aveva insegnato vari anni in
Germania, ci convinse che per conoscere bene la storia dei testi classici era
fondamentale conoscere il tedesco. Poi sono andata in Erasmus in Germania, a
Berlino, ho frequentato i corsi alla Freie Universität e ci sono ritornata in
autunno per scrivere la tesi magistrale. Considero Berlino come la mia seconda
casa. Il tedesco è una lingua meravigliosa, anche se molto complessa. Ecco
perché la Germania, con le sue mille realtà e la sua cultura sfaccettata, è un
universo che pochi conoscono davvero. La passione per la lingua tedesca è un
interesse che continuo tuttora a coltivare, un po’ per motivi lavorativi e un
po’ per motivi personali.
Per circa un anno e
mezzo hai anche insegnato e ti occupi, tuttora, di didattica a distanza. La
DAD, è stata l’unica soluzione possibile per continuare a fare didattica, ma
anche un cambiamento che non è stato (del tutto) preparato, meditato e
condiviso. Cosa ti auguri, quindi, per il futuro prossimo della scuola?
Mi auguro innanzitutto
che si torni in classe il prima possibile. Sono fermamente convinta che la
scuola sia il nerbo vitale della società, non solo perché forma teste pensanti,
ma perché forma prima di tutto individui. Spero che nel rientrare in classe si
usi l’intelligenza, ovvero che si tenga presente che l’interazione, o meglio,
la qualità dell’interazione che si crea in presenza tra studenti e insegnanti,
è fondamentale e non può essere vanificata. Si potrebbe pensare a forme miste
di didattica, dare la possibilità ai ragazzi di trovarsi in luoghi aperti o di
appoggiarsi a quelli messi a disposizione da Onlus e associazioni che
promuovono interventi educativi diversificati. Non voglio assolutamente
“demonizzare” il digitale, anche perché io stessa lavoro moltissimo da remoto,
però penso sia un palliativo. Buona l’idea di poter partecipare a webinar con
esperti, meno l’idea di continuare a svolgere lezioni, soprattutto di alcune
materie, attraverso uno schermo. Si rischia che il risultato finale possa
risultare, poi, falsato.
Sei una donna molto
impegnata, che ha lottato per raggiungere i propri obiettivi. Hai per lavoro
visitato diversi Paesi, hai mai risentito dei divari di genere nel mondo
lavorativo dei quali tanto si parla?
No, mai. Sono convinta
che il merito faccia la differenza, sebbene sia consapevole che il gap di
genere esista e che sia, in alcuni casi, plateale. Le donne lo sanno e fanno
bene a farsi sentire. In Germania, per esempio, una volta finito il lockdown,
hanno chiesto il riconoscimento economico di tutto il lavoro immane fatto a
casa. Hanno dovuto badare alla famiglia e conciliare l’attività domestica con
lo smart working, come in Italia. Purtroppo c’è ancora la tendenza a
sottovalutare il lavoro svolto dalle donne e io mi sento fortunata a non aver
mai risentito del problema. Sono anche convinta che l’impegno e il sacrificio
paghino e se si dimostra di volercela fare, ce la si fa. Sempre.
Cosa ti auguri per il
mondo femminile da qui a un futuro prossimo?
Mi auguro che sia
sempre più consapevole della sua unicità e che, citando Dante, riesca a “non
curarsi di loro”, cioè di chi vorrebbe togliergli terreno, ma si concentri nel
fare rete. Fare rete fra donne è fondamentale, in quanto si possono creare
dialogo, stima, collaborazione e fiducia reciproca. Spero si punti sul
veicolare un’immagine di cooperazione e che rimanga sempre salda in tutte noi
la consapevolezza che, se la vita continua, è soprattutto grazie alla donna. È
lei a dare vita alla vita. Spero che anche in Italia, come sta già succedendo
all’estero, si possa riconoscere alla donna ciò che realmente merita.
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