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Intervista a Gaia Terzulli

By 15:34



Gaia Terzulli, laureata in Lettere classiche e da sempre appassionata di giornalismo. Ha, per motivi di studio, vissuto prima a Padova, poi a Milano e per un anno a Berlino. Ad oggi, frequenta la Scuola di giornalismo Walter Tobagi a Milano per lavorare al suo più grande sogno: diventare una scrittrice. Un vero onore averti intervistata e aver potuto chiacchierare con te delle tue passioni, dei tuoi sogni e dei tuoi obiettivi futuri.

Gaia, sei laureata in Lettere classiche e a oggi frequenti la Scuola di giornalismo Walter Tobagi a Milano. Diventare un’esperta dell’informazione è sempre stato il tuo sogno?
Sì, fin da bambina. Alle elementari, per raccontare un aneddoto, quando ci chiesero di scrivere su un bigliettino cosa volevamo fare da grandi, io scrissi che volevo diventare una scrittrice. Attualmente sono giornalista praticante, ma il mio sogno è quello di scrivere libri. Il mondo del giornalismo è stato sempre la mia prima scelta anche se, prima di arrivarci, ho fatto anche altre esperienze. Per due anni mi sono dedicata all’insegnamento presso una scuola privata di Milano in attesa di accedere al master in giornalismo. Master che concluderò in autunno e che mi permetterà di sostenere l’esame di abilitazione alla professione. Il giornalismo, a mio avviso, è il mestiere che più consente di creare fili diretti con la società e che permette di porre l’attenzione su tutte le varie realtà che gravitano attorno a noi, anche su quelle poco conosciute.

Oltre al giornalismo so che hai una passione per la cultura tedesca. Da dove e quando nasce questo tuo interesse?
Nasce all’epoca dell’università, precisamente mentre frequentavo la triennale a Padova. Seguivo il corso di Grammatica greca e il docente, che aveva insegnato vari anni in Germania, ci convinse che per conoscere bene la storia dei testi classici era fondamentale conoscere il tedesco. Poi sono andata in Erasmus in Germania, a Berlino, ho frequentato i corsi alla Freie Universität e ci sono ritornata in autunno per scrivere la tesi magistrale. Considero Berlino come la mia seconda casa. Il tedesco è una lingua meravigliosa, anche se molto complessa. Ecco perché la Germania, con le sue mille realtà e la sua cultura sfaccettata, è un universo che pochi conoscono davvero. La passione per la lingua tedesca è un interesse che continuo tuttora a coltivare, un po’ per motivi lavorativi e un po per motivi personali.

Per circa un anno e mezzo hai anche insegnato e ti occupi, tuttora, di didattica a distanza. La DAD, è stata l’unica soluzione possibile per continuare a fare didattica, ma anche un cambiamento che non è stato (del tutto) preparato, meditato e condiviso. Cosa ti auguri, quindi, per il futuro prossimo della scuola?
Mi auguro innanzitutto che si torni in classe il prima possibile. Sono fermamente convinta che la scuola sia il nerbo vitale della società, non solo perché forma teste pensanti, ma perché forma prima di tutto individui. Spero che nel rientrare in classe si usi l’intelligenza, ovvero che si tenga presente che l’interazione, o meglio, la qualità dell’interazione che si crea in presenza tra studenti e insegnanti, è fondamentale e non può essere vanificata. Si potrebbe pensare a forme miste di didattica, dare la possibilità ai ragazzi di trovarsi in luoghi aperti o di appoggiarsi a quelli messi a disposizione da Onlus e associazioni che promuovono interventi educativi diversificati. Non voglio assolutamente “demonizzare” il digitale, anche perché io stessa lavoro moltissimo da remoto, però penso sia un palliativo. Buona l’idea di poter partecipare a webinar con esperti, meno l’idea di continuare a svolgere lezioni, soprattutto di alcune materie, attraverso uno schermo. Si rischia che il risultato finale possa risultare, poi, falsato.

Sei una donna molto impegnata, che ha lottato per raggiungere i propri obiettivi. Hai per lavoro visitato diversi Paesi, hai mai risentito dei divari di genere nel mondo lavorativo dei quali tanto si parla?
No, mai. Sono convinta che il merito faccia la differenza, sebbene sia consapevole che il gap di genere esista e che sia, in alcuni casi, plateale. Le donne lo sanno e fanno bene a farsi sentire. In Germania, per esempio, una volta finito il lockdown, hanno chiesto il riconoscimento economico di tutto il lavoro immane fatto a casa. Hanno dovuto badare alla famiglia e conciliare l’attività domestica con lo smart working, come in Italia. Purtroppo c’è ancora la tendenza a sottovalutare il lavoro svolto dalle donne e io mi sento fortunata a non aver mai risentito del problema. Sono anche convinta che l’impegno e il sacrificio paghino e se si dimostra di volercela fare, ce la si fa. Sempre.

Cosa ti auguri per il mondo femminile da qui a un futuro prossimo?
Mi auguro che sia sempre più consapevole della sua unicità e che, citando Dante, riesca a “non curarsi di loro”, cioè di chi vorrebbe togliergli terreno, ma si concentri nel fare rete. Fare rete fra donne è fondamentale, in quanto si possono creare dialogo, stima, collaborazione e fiducia reciproca. Spero si punti sul veicolare un’immagine di cooperazione e che rimanga sempre salda in tutte noi la consapevolezza che, se la vita continua, è soprattutto grazie alla donna. È lei a dare vita alla vita. Spero che anche in Italia, come sta già succedendo all’estero, si possa riconoscere alla donna ciò che realmente merita.

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